La Claustrofobia

Claustrofobia

Claustrofobia

Claustrofobia” è una parola composta che deriva dal latino “claustrum”, cioè “luogo chiuso”, e dal greco “phobos”, cioè “paura”. Il claustrofobico è, dunque, un soggetto che viene colto da attacchi di ansia e difficoltà di respirazione quando si trova in spazi chiusi e ridotti.
La claustrofobia è classificata come una delle fobie specifiche, quei disturbi caratterizzati da un timore irrazionale che si manifesta in presenza di circostanze determinate. Essa colpisce, secondo alcune stime, circa il 5% della popolazione, e la sua intensità varia a seconda dei casi: può rappresentare un problema latente ma può anche essere così radicata da condizionare fortemente la vita sociale di chi ne soffre.


Claustrofobia: Conseguenze

I soggetti claustrofobici sono soliti mettere in atto condotte di evitamento verso le situazioni che generano in loro ansia. Pertanto, essi preferiscono utilizzare le scale piuttosto che l’ascensore, in quanto lo spazio ristrettissimo presente nella cabina fa temere loro che la quantità d’aria possa essere insufficiente e che vi sia il pericolo di soffocamento, evitare le sale cinematografiche o i teatri, luoghi privi di finestre, con aperture non controllabili e con molte persone intorno che limitano i movimenti, i mezzi pubblici, in particolare la metropolitana, che si muove attraverso cunicoli sotterranei e riserva carrozze spesso sovraffollate e prive di spazio per muoversi liberamente.

Alcuni tra coloro che soffrono di questo disturbo possono avere l’impressione di essere imprigionati anche in casa, quindi diversi claustrofobici amano tenere le porte delle stanze spalancate e le finestre aperte, anche in pieno inverno, per garantirsi un ricambio d’aria adeguato.

Claustrofobia: Sintomi

I sintomi principali della claustrofobia, comuni anche alla maggior parte delle fobie, sono:

  • secchezza della bocca;
  • palpitazioni e aumento del battito cardiaco;
  • difficoltà nella respirazione e sensazione di soffocamento;
  • sudorazione;
  • vertigini;
  • nausea;
  • iperventilazione;
  • formicolio;
  • spasmi muscolari;
  • attacchi di panico.

Si tratta di sintomi tipici dell’ansia: le reazioni di paura creano uno stato di allerta e determinano la produzione di scariche di adrenalina, responsabili dei sintomi sopra elencati.
Se il soggetto deve fronteggiare la situazione ansiogena in presenza di altri, egli tende a provare imbarazzo e vergogna per le proprie reazioni, con la conseguenza che il suo stato di disagio risulta ancora più acuto.

Claustrofobia: Cause

Per quanto concerne le cause del disturbo, alcune interpretazioni collegano questa fobia al trauma della nascita, mentre altre fanno riferimento a sensi di colpa o di inferiorità provati dal soggetto. Casi tipici sono quelli di bambini sottoposti a una vigilanza ossessiva da parte dei familiari, a un controllo tale da far percepire loro la sensazione di trovarsi come incastrati in situazioni indesiderabili e prive di una via d’uscita.
Altre tesi molto accreditate sono quella che sostiene l’ereditarietà del disturbo e quella che fa riferimento a episodi traumatici esperiti dal soggetto nel suo passato – soprattutto durante l’infanzia – poi consolidatisi a livello comportamentale con l’intervento di qualche rinforzo ambientale.



Claustrofobia: Trattamenti

Se la claustrofobia non è associata ad altre fobie o disturbi psicologici, essa può venire curata in modo relativamente facile, attraverso un percorso della durata media di 3-4 mesi, basato su tecniche terapeutiche di tipo cognitivo-comportamentale.
Il metodo consiste nel fare in modo che il paziente possa gradualmente esporsi alle circostanze che scatenano le sue reazioni ansiose. Dopo avergli insegnato le appropriate tecniche di rilassamento e di controllo del pensiero, il terapeuta affronta insieme al paziente una delle circostanze che questi teme, partendo da quelle meno ansiogene. Il soggetto cerca di abituarsi progressivamente alla situazione che affronta, fino al momento in cui la sua ansia non sarà cessata del tutto in quella determinata circostanza.
Successivamente, si segue lo stesso metodo per una situazione maggiormente ansiogena, nel tentativo di neutralizzarne gli effetti negativi sul paziente, e si prosegue in questo modo fino a quando quest’ultimo non abbia affrontato con successo tutte le circostanze per lui più temibili.
Questa terapia si rivela efficace nella quasi totalità dei casi trattati.
Se la fobia risulta invalidante, si possono prescrivere al soggetto farmaci ansiolitici e antidepressivi.

di Giuseppe Iorio

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