Pranayama: Pratica Yoga per il controllo del respiro

Pranayama

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Il Pranayama è una pratica yoga che permette di controllare il respiro. Il termine “prana” indica l’energia, il soffio vitale, il dinamismo presente in ogni essere. Attraverso gli esercizi di respirazione proposti da questa disciplina, è possibile immagazzinare il prana nel sistema nervoso e controllarlo. In questo modo, chi pratica il pranayama può riuscire ad armonizzare non soltanto il proprio corpo, rendendolo più tonico e sano, ma anche la propria psiche, conferendo forza e tranquillità alla mente e stimolando molte delle sue potenzialità latenti.

Il respiro è strettamente connesso alle nostre funzioni vitali. La sua frequenza e la sua ampiezza influenzano il sistema nervoso centrale, il sistema nervoso autonomo, il metabolismo cellulare e la circolazione. Eseguire le tecniche respiratorie codificate da questa disciplina significa riuscire a tenere sotto controllo l’energia vitale e avere accesso a uno stato di serena concentrazione. Inoltre, attraverso il pranayama si fornisce agli apici dei propri polmoni un apporto di ossigeno superiore rispetto a quello ordinario, determinando così un miglioramento della quantità e della qualità del sangue che circola nell’organismo, favorendo l’eliminazione delle tossine e agevolando il mantenimento del proprio peso forma.



Oltre alle pratiche respiratorie, questo metodo prevede l’esecuzione di “bandha”, cioè di contrazioni di varie parti del corpo, e di “mudra”, ovvero di gesti che accompagnano la meditazione.
Il pranayama ha inizio con esercizi di sospensione del respiro: secondo i dettami di questa disciplina, trattenere il respiro consente di arrestare i processi del pensiero e di raggiungere un grado di concentrazione molto elevato, in modo tale da poter controllare l’assimilazione e la distribuzione del prana.
Gli esercizi vanno eseguiti in luoghi nei quali l’aria è particolarmente pulita e si può beneficiare di un soddisfacente ricambio d’aria.
Bisogna espirare profondamente per eliminare i residui di aria impura presenti nei polmoni, che, in questo modo, possono ricevere una grossa quantità di aria fresca, ricca di ossigeno.
La fase successiva è quella dell’inspirazione: si espandono il torace, col diaframma che si solleva, l’addome, senza però gonfiarlo troppo e con i muscoli addominali leggermente contratti, e le spalle, provvedendo a sollevare le clavicole.

Il respiro può contribuire a modificare e a condizionare non soltanto alcuni stati emotivi, ad esempio circostanze nelle quali si accumulano stress e tensione, ma anche disturbi di maggiore entità quali l’insonnia, gli attacchi di panico e la sindrome depressiva. Uno studio pilota, effettuato presso l’Ospedale Fatebenefratelli di Milano, ha testato 15 pazienti affetti da depressione che avevano iniziato a praticare gli esercizi di Pranayama ideati dal celebre maestro indiano Sri Sri Ravi Shankar. Dopo tre anni, gli indici di depressione riscontrati nei pazienti erano calati del 60%. Alcuni di essi avevano ridotto in modo drastico l’assunzione di farmaci, mentre altri avevano addirittura smesso di prenderne.



È opportuno praticare due sedute al giorno di pranayama, una al mattino, appena svegli, per fornire al corpo le energie necessarie per affrontare gli impegni della giornata, l’altra di sera, dopo il tramonto, per rilassarsi. Preferibile, in ogni caso, eseguire gli esercizi un paio di ore prima dei pasti oppure quattro ore dopo gli stessi, a digestione avvenuta.
Durante gli esercizi, la colonna vertebrale, la nuca e il collo devono trovarsi sulla stessa linea; inoltre, bisogna evitare di contrarre il naso, gli occhi, le orecchie e tutti i muscoli del volto.
Nel caso si avvertisse la sensazione di stare scomodi durante l’esecuzione degli esercizi, è opportuno fermarsi, in quanto il fastidio indica che in quel momento non si è predisposti, sul piano psicologico o fisico, al pranayama, oppure che le tecniche sono eseguite in modo scorretto.

Di Giuseppe Iorio

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