Nella versione 2013 del Vocabolario della lingua italiana Zingarelli compare un neologismo di origine giapponese che anche gli italiani hanno imparato a conoscere negli ultimi anni. Il termine in questione è “Hikikomori” e sta ad indicare quei ragazzi che decidono di isolarsi dal mondo esterno per settimane, mesi, persino anni.
L’identikit di un hikikomori è semplice da tracciare: si tratta di un soggetto (quasi sempre un adolescente) che non esce mai dalla propria abitazione, giungendo ad abbandonare gli studi, e che passa tutto il proprio tempo al pc. Le chat line, i social network e i videogame diventano il suo universo di riferimento, la realtà esterna smette di esistere ai suoi occhi per collassare in quella virtuale. Così, l’hikikomori si ritrova ad interagire con gli altri, spesso con ragazzi e ragazze che hanno fatto la sua stessa scelta, solo attraverso la Rete.
Si diceva che questo fenomeno preoccupante nasce in Giappone, Paese nel quale si stima ci siano circa un milione di hikikomori. Ma, già da qualche tempo, molti psicoterapeuti italiani fanno notare come il numero degli adolescenti che scelgono di barricarsi in casa senza volerne più uscire stia lievitando anche nella nostra penisola. Tanto che, secondo alcuni studiosi, un ragazzo italiano su 250 presenterebbe comportamenti a rischio di esclusione sociale.
Uno scenario degno della massima attenzione è stato tracciato proprio di recente, durante l’annuale Congresso Nazionale della Società Italiana di Psichiatria svoltosi a Milano. In quella sede, si è parlato della dipendenza da internet nel nostro Paese ed è emerso che sarebbero circa 3 milioni coloro che trascorrono online 8 ore o più al giorno.
Pur senza raggiungere gli eccessi degli hikikomori, dunque, una percentuale della popolazione italiana compresa tra il 3% e l’11% sarebbe affetta da questa forma di tecnodipendenza. Particolarmente esposti sono coloro che hanno un’età compresa tra i 15 e i 40 anni, che vivono in zone geografiche isolate o svolgono lavori notturni. Naturalmente, sono a rischio soprattutto le persone che hanno una vita sociale poco attiva, che soffrono di depressione, ansia o stress, che sono insicure del proprio aspetto o che hanno una vita coniugale insoddisfacente.
Questo eccesso di fruizione della Rete può assumere diverse forme. Molti individui sviluppano una dipendenza cyber-relazionale, trovando sul web un ambiente molto più gratificante rispetto a quello esterno: dietro uno schermo, le difficoltà di interazione con l’altro vengono attutite, se non eliminate, perché c’è la possibilità di comunicare solo verbalmente, senza mostrarsi.
Le conseguenze negative di questo comportamento non tardano ad arrivare: calo del rendimento scolastico o lavorativo, maggiore aggressività e modifiche del ciclo sonno-veglia. Sul piano fisico, invece, le troppe ore trascorse al pc possono provocare vari disturbi, come stanchezza oculare, mal di schiena, mal di testa e sindrome del tunnel carpale.
Ma la dipendenza da internet può dirigersi anche verso il gioco d’azzardo online (scommesse, poker, casinò virtuali etc.) oppure verso una forma di shopping compulsivo sui siti di e-commerce. In questi casi, ai problemi fisici sopra riportati si aggiungono di frequente delle implicazioni finanziarie serie, in quanto il soggetto dipendente non riesce a frenare la sua necessità di spendere denaro, anche a costo di indebitarsi.
Quando di sviluppa una forma di dipendenza da internet, è necessario rivolgersi ad uno specialista qualificato per intraprendere un percorso terapeutico appropriato. Come nelle altre forme di dipendenza, si fa spesso ricorso alla terapia cognitivo-comportamentale, talora affiancata da laboratori (teatro, musica) o da incontri con persone affette dallo stesso problema che consentono al soggetto di ri-apprendere come socializzare con gli altri.
di Giuseppe Iorio