Disoccupazione e precarietà, ne risente anche il cuore

La crisi economica che sta attanagliando l’Occidente da diversi anni incide profondamente sulla vita di centinaia di milioni di persone. Poco c’è da aggiungere sulle conseguenze sociali della crisi, evidenti a chiunque, mentre c’è un aspetto che rischia di passare in secondo piano ma che invece è piuttosto rilevante se si vuole avere un quadro completo dello stato delle cose.
Ci riferiamo ai danni sulla salute determinati dalla precarietà del lavoro e dalla disoccupazione. Secondo uno studio americano, realizzato dalla prestigiosa Duke University, con sede a Durham (North Carolina), perdere il lavoro aumenta considerevolmente il rischio di problemi cardiovascolari.


Un gruppo di ricercatori, coordinato dai professori Matthew Dupre, docente di medicina, e Linda George, docente di sociologia, ha seguito, sin dal 1992, un campione di 13.451 persone di entrambi i sessi, di età compresa tra i 51 e i 75 anni. I soggetti, scelti tra coloro che non erano mai stati colpiti da un attacco di cuore, sono stati intervistati periodicamente (ogni due anni) in merito alle proprie condizioni di salute e al proprio lavoro.
I risultati dello studio sono stati pubblicati di recente sulla rivista “Archives of Internal Medicine”.

La grande mole di dati raccolta dagli studiosi americani ha evidenziato l’esistenza di un rapporto tra perdita del lavoro ed aumento del rischio di infarto. Difatti, per le persone disoccupate, il rischio di andare incontro ad un infarto era decisamente superiore rispetto a quello corso da coloro che avevano invece un lavoro, ovvero il 35% in più.
L’altro elemento di rilievo emerso dallo studio è rappresentato dal fatto che le probabilità di infarto si impennano ad ogni nuovo licenziamento: se per le persone licenziate una sola volta questo rischio aumentava del 22%, per coloro che avevano perso il lavoro almeno quattro volte le probabilità di infarto facevano segnare addirittura un incremento del 60%.

In sostanza, secondo il professor Dupre, gli effetti negativi sulla salute cardiovascolare determinati da una serie di licenziamenti sono paragonabili a quelli del fumo, dell’ipertensione e del diabete.


La professoressa George spiega che, sebbene i ricercatori non abbiano potuto determinare con precisione i motivi dell’aumento del rischio collegato alla disoccupazione, è naturale che lo stress aumenti ogni volta che ci ritroviamo senza il controllo della nostra vita, cosa che avviene quando si perde il lavoro e si fa fatica a trovarne uno nuovo.
La sociologa aggiunge che, in caso di licenziamento, molte abitudini cambiano: si presta meno attenzione alla propria dieta, mangiando cibi meno salutari, si sta svegli fino a tardi e non si riposa come si dovrebbe. Inoltre, nascono conflitti all’interno della famiglia e le tensioni si accentuano.
E sono proprio questi, a detta della studiosa americana, i fattori che contribuiscono ad incrementare il rischio di attacchi di cuore.

di Giuseppe Iorio



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