Arriva dal Canada un nuovo, promettente trattamento per curare i casi più estremi di anoressia, quelli per i quali ogni altra terapia si è rivelata vana.
Lo studio, pubblicato sulla celebre rivista medica inglese “The Lancet”, è stato realizzato da un gruppo di neurochirurghi del “Krembil Neuroscience Centre” e della “University Health Network” di Toronto.
Il team canadese ha sperimentato gli effetti della stimolazione cerebrale profonda su un gruppo di 6 donne anoressiche di età compresa tra i 24 e i 57 anni.
La stimolazione cerebrale profonda, o DBS (acronimo di “Deep Brain Stimulation”) è una tecnica già sperimentata con successo nella terapia di diverse patologie, come il morbo di Parkinson, quello di Alzheimer, il dolore cronico e persino la depressione e l’epilessia. Di fatto, nel cervello del paziente vengono impiantati chirurgicamente degli elettrodi di piccole dimensioni collegati ad un neurostimolatore, dispositivo simile ad un pacemaker che genera impulsi elettrici di bassa intensità e li invia al sistema nervoso.
I ricercatori canadesi hanno utilizzato una risonanza magnetica per determinare l’area nella quale impiantare gli elettrodi, optando per il corpo calloso, zona sulla quale era già state sperimentata la stimolazione cerebrale profonda in pazienti affetti da depressione.
Tre mesi più tardi, per ben 5 delle 6 donne si registravano consistenti benefici: il tono dell’umore migliorava e, soprattutto, le pazienti acquistavano peso, o almeno lo mantenevano costante.
Dopo nove mesi, 3 delle donne coinvolte nella sperimentazione conservavano un peso maggiore rispetto al momento in cui la terapia aveva avuto inizio e vedevano ridotti i propri comportamenti ossessivo-compulsivi (come pesarsi più volte al giorno o guardarsi di continuo allo specchio per valutare le parti del corpo ritenute grasse).
Il dottor Andres Lozano, uno dei più rinomati neurochirurghi nel campo della stimolazione cerebrale profonda, commenta l’esito della sperimentazione affermando che la scoperta di miglioramenti sul piano dell’umore e dell’ansia in pazienti che soffrono di anoressia è sorprendente, se si tiene conto delle scarse risposte di questi pazienti alla psicoterapia e alle terapie farmacologiche tradizionali.
Questa ricerca potrebbe rivelarsi davvero provvidenziale, in prospettiva, perché, come sottolineato dal dottor Lozano, la DBS non rappresenta una terapia che consente alle pazienti soltanto di guadagnare peso, ma anche di ritrovare parte della serenità perduta.
E l’estrema importanza di nuovi trattamenti efficaci nel campo dell’anoressia e degli altri disordini alimentari si comprende ancor di più quando si pensa alle cifre spaventose che, alcuni mesi fa, sono state diffuse dalla “Società italiana per lo studio dei disturbi del comportamento alimentare”, dati che delineano un vero e proprio allarme sociale: in Italia, il 6% circa delle ragazze tra i 12 e i 25 anni deve affrontare le conseguenze di un rapporto patologico con il proprio corpo e con l’alimentazione.
di Giuseppe Iorio