La Cybercondria

L’Ipocondria, la sindrome del malato immaginario, è un disturbo che colpisce il 5% della popolazione mondiale. Ma, nell’era di internet, con la possibilità di ottenere informazioni immediate su qualsiasi argomento, il fenomeno è diventato molto più diffuso. Tanto che gli esperti hanno coniato una nuova definizione, “Cybercondria” (crasi tra “cyber” e “ipocondria”), termine che indica, appunto, la versione contemporanea della patologia.
Nel nostro Paese, la ricerca ossessiva di informazioni mediche online allo scopo di trovare spiegazioni ai propri sintomi, con la conseguente autodiagnosi di malattie dalle quali non si è realmente colpiti, interesserebbe circa una persona su tre, stando ai dati forniti dal Censis nell’ottobre del 2012.


Negli Stati Uniti, invece, ben 8 persone su 10 si fiondano in rete alla ricerca di risposte ai propri problemi fisici. E le ripercussioni sulla salute determinate dalla cybercondria non mancano: i soggetti più ansiosi e vulnerabili, una volta convintisi di essere affetti da questa o quella patologia, rischiano di vedere peggiorare il proprio stato di salute generale.

Il Dottor Thomas Fergus, che lavora presso il dipartimento di psicologia e neuroscienze della Baylor University, con sede a Waco, In Texas, ha realizzato un’indagine sul fenomeno, esaminando un campione di 512 soggetti adulti sani con età media di 33 anni. Lo studio, pubblicato sulla rivista “Journal Cyberpsychology, Behavior and Social Networking”, ha messo in evidenza come la ricerca ossessiva di informazioni di tipo medico su internet non faccia altro che amplificare l’ansia e la preoccupazione dei soggetti, fino a provocare, in alcuni casi, delle reazioni di vero e proprio panico. Reazioni, queste ultime, molto più marcate rispetto a quelle che i soggetti avrebbero se consultassero un manuale scientifico o un dottore.

“Se io sono una persona che non ama restare nell’incertezza”, precisa il dottor Fergus, “potrei diventare più ansioso informandomi online, perché tenderei a fare continue ricerche, a monitorare il mio corpo nel tentativo di scoprire nuovi sintomi, ad andare dal dottore con maggior frequenza. Più si fanno ricerche su internet, più ci si convince di essere affetti dalla malattia“.
L’esperto americano propone un esempio utile a capire l’irrazionalità del comportamento del soggetto cybercondriaco: “Se dovessi imbattermi in un sito che si occupa di lesioni cerebrali da trauma, potrei convincermi del fatto che sia quella la causa del bernoccolo che ho in testa”.


In conclusione, la Rete è sicuramente uno strumento di informazione prezioso, ma occorre essere cauti e accertarsi della fondatezza di quanto si legge. In ogni caso, quando si tratta di salute, bisogna sempre pensare che siti e blog di informazione scientifica, per quanto seri e attendibili, rappresentano solo degli strumenti conoscitivi e non devono mai diventare la fonte di approssimative autodiagnosi. Soltanto il medico di famiglia e gli specialisti possono eseguire serie diagnosi e fornire adeguate terapie, sulla base di indagini approfondite e della conoscenza della storia clinica del paziente.

di Giuseppe Iorio



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