Quando si parla di malattie connesse al fumo, si tende a pensare immediatamente al tumore ai polmoni, la prima patologia associata alle sigarette. La connessione tra il fumo e questa forma di cancro venne stabilita dal primo report relativo ai danni provocati dalle cosiddette “bionde”, un documento a cura del Surgeon General degli Stati Uniti (l’autorità principale per quanto attiene alla salute pubblica negli Usa), pubblicato nel lontano 1964.
Oggi, a 50 anni di distanza da quello storico rapporto, il Surgeon General ha reso pubblico un nuovo documento, “The Health Consequences of Smoking: 50 Years of Progress“, con una lista di patologie che si è allungata in modo spaventoso, tanto che sembra difficile trovare un organo al riparo dai pericoli derivanti dal fumo.
Oltre che aumentare il rischio di tumore ai polmoni, le sigarette possono favorire la comparsa della leucemia e del cancro al colon retto, al fegato, allo stomaco, al pancreas, ai reni, alla vescica, alla faringe, all’esofago e alla cavità orale.
La lista delle patologie connesse al fumo è davvero molto lunga. Vi troviamo anche la disfunzione erettile, l’artrite reumatoide, alcune patologie oculari (degenerazione maculare senile e glaucoma), le malattie respiratorie, le patologie cardiovascolari e il diabete di tipo 2 (si stima che un fumatore corra un rischio superiore del 30-40% di sviluppare il diabete di tipo 2 rispetto a una persona che non fuma).
Non mancano poi conseguenze serie per le donne che fumano nel corso della gravidanza. In questo caso, il nascituro va incontro al rischio di essere colpito dal labbro leporino. Ma c’è anche di peggio: “i bambini le cui madri hanno fumato durante la gravidanza o che sono esposti al fumo passivo dopo la nascita hanno maggiori probabilità di morire a causa della Sindrome della morte improvvisa infantile (SIDS: Sudden Infant Death Syndrome) rispetto ai bambini non esposti al fumo”, riporta il documento redatto dagli esperti americani.
Da non trascurare, infine, i danni provocati dal fumo passivo, con un aumento del rischio di infarto o ictus stimato tra il 20 e il 30% per coloro che sono esposti al fumo di sigaretta altrui.
Il report evidenzia anche i progressi registrati a partire dal 1964, con una percentuale di fumatori che, negli Usa, è scesa dal 42 al 18% (con l’obiettivo di farla calare al 12% entro il 2020) e con 8 milioni di persone salvate grazie all’informazione e alla prevenzione.
Ma c’è ancora molto da lavorare da questo punto di vista, dato che il fumo resta la principale causa di morte evitabile sul pianeta: l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stima che, ogni anno, le malattie legate alle sigarette provochino la morte di quasi 6 milioni di persone in tutto il mondo, con ben 100 milioni di decessi dovuti al fumo nel corso del XX secolo.
di Giuseppe Iorio