Piantaggine

Piantaggine

Piantaggine

Mi diletto a girovagare per campagne e boschi e in base alle stagioni raccogliere ciò che la natura ci offre spontaneamente per mettere sulla tavola prodotti sani e genuini e preparati fitoterapici per piccoli malanni. Mi piace, inoltre, parlare con i contadini che incontro; loro sono i depositari delle tradizioni agricole e fonte inestimabile di saggezza popolare che sarebbe proprio un peccato lasciare all’oblio del tempo. Quanti spunti potremmo prendere da certe usanze che vengono considerate obsolete! Per necessità o virtù molti giovani si stanno avvicinando all’agricoltura e sono certa che tanti consigli li possano attingere proprio da “quei villani” così lontani dal nostro moderno sentire.

Ho soddisfatto in tal modo conversando affabilmente con loro molte curiosità in merito a piante, a coltivazioni, detti popolari, usanze antiche (tramandate oralmente) e non guasta! Qualche sana e genuina ricetta della nonna fatta con ciò che si aveva, la cosiddetta “cucina povera”.

Piantaggine

Piantaggine

Nel mio vagabondare, quest’inverno ho raccolto grugni e grespigne, casselle e caccialepri; piante spontanee del mio territorio: le Marche. Una pianta l’avevo dimenticata: la piantaggine! Forse dimenticata è improprio perchè essendo una perenne lei è sempre li.
Poverina anche lei ha tutti i diritti di essere menzionata tra le mie “erbacce” e i piccoli frutti “dimenticati”.
Come le piante sopra citate ha avuto un ruolo fondamentale nella alimentazione contadina dei secoli scorsi basata principalmente sui vegetali.



La piantaggine il cui nome scientifico è plantago lanceolata è conosciuta dai contadini marchigiani col nome di lingua di cane o meglio ancora orecchie di lepre.
E’ una pianta erbacea perenne, alta 30, 60 cm, le foglie disposte a rosetta si elevano verso l’alto e sono lisce e lineari. Nelle prime ore del sole invernale le foglie hanno una sottile peluria che sparisce con l’avanzare del giorno, per la piantaggine questo è uno stratagemma per difendersi dal freddo.
I fiori sono biancastri, tendenti al bruno e fioriscono tra maggio e agosto.
E’ molto comune trovarla negli incolti, zone ruderali, sentieri, luoghi pietrosi ma anche umidi.

Le foglie fresche raccolte prima della fioritura hanno molteplici proprietà officinali.
Astringenti, antinfiammatorie, espettoranti, depurative del sangue e fegato. Il decotto trova impiego sia nei mal di gola che nel catarro bronchiale.
Ha proprietà antistaminiche per cui si presta per uso esterno nella cura di congiuntiviti ed eczemi. Basta prendere semplicemente qualche fogliolina e strofinarla sulla parte interessata. Particolarmente utile si rivela nel lenire prurito e arrossamento della pelle dopo essere stati punti da qualche insetto.
Per chi ama le escursioni tra campagne e boschi nella stagione estiva, non c’è miglior rimedio che strofinare l’umile piantaggine dove un insetto ha pensato bene di fare uno spuntino sulla nostra pelle. Rimedio assicurato! Poco dopo vedrete
che la puntura non darà più fastidio. Strizzate bene le foglie prima dell’applicazione, meglio sarebbe pestarle ma si sa chi va nei boschi mica si porta il mortaio?



DECOTTO

Per uso interno in caso di tosse, faringite, mal di gola mettete a bollire 50gr di piantaggine in poco meno di un litro di acqua. Potete berlo (3 tazze al di’) o usarlo per gargarismi o come collutorio. Lo stesso decotto si può utilizzare come impacco sulla pelle arrossata ( dermatite, eritema, acne) ma altresi’ per una crema viso fai-da te. Basta applicare sul viso un po’ di decotto unito a qualche foglia precedentemente tritata su una garza o ovatta
Lasciare agire qualche minuto (20 se vogliamo fare una maschera), poi risciacquare.
Avrete cosi’una buona crema idratante.

SCIROPPO

I contadini usavano lo sciroppo a base di piantaggine come depurativo delle vie biliari. Il procedimento è questo: mettere a macerare una bella manciata di orecchie di lepre previa lavatura per almeno un paio d’ore, trascorso questo lasso di tempo fare il decotto aggiungendo alla piantaggine qualche bacca e foglia di ginepro. Eliminare le erbe e continuare la bollitura con lo zucchero o miele.
Filtrare e bere almeno 3 tazzine al di, lontano dai pasti per qualche settimana.

In cucina la piantaggine va usata cruda (le tenere foglioline di primavera) per insalate miste. Nelle Marche un insalata tipica di erbe spontanee
annovera tra l’altro insieme alle orecchie di lepre, le crespigne, la pimpinella e i consigli (i’scorcelli). Per le erbe cotte non vi propino le solite ricette, vi dico solo che la piantaggine la potete usare nelle zuppe, minestroni, ripassata in padella e come farcitura di focacce e crêpes.

Un ultimo consiglio per chi vive in città! Raccogliete la piantaggine quando le foglioline sono ancora fresche quindi al top dei principi attivi, fatele seccare, mettetele a riposo in sacchettini di cotone e usatele esternamente al bisogno.
Noi montanari non avremmo questo problema, la piantaggine la troviamo praticamente tutto l’anno ma in estate le foglie diventano amare e coriacee, quindi conviene anche a noi farne una bella scorta sul finire dell’inverno.

La solita raccomandazione per chi la vuole conservare in freezer è quella di scottarla in acqua bollente e dopo il raffreddamento metterla negli appositi sacchetti insieme a un po’ d’acqua di governo. Al momento del bisogno terminare la cottura e usarla come meglio si crede.
In questo modo il sapore rimane inalterato e non si disperdono nemmeno i principi nutritivi e..l’acqua di cottura non buttatela mai! Bevetela compatibilmente col sapore delle erbe che avete raccolto (la diuresi è sempre assicurata!). Se invece vi risulta sgradevole utilizzatela per le vostre piante da giardino e da balcone. Cosi’ all’utilità delle piante abbinerete un sano rispetto per la natura e un consumo consapevole delle risorse idriche e di spreco in generale.



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