Empatia, esiste una predisposizione genetica

Secondo gli studiosi della Stony Brook University di New York, una persona su cinque avrebbe una predisposizione genetica che la renderebbe più empatica rispetto al resto della popolazione. Gli individui che appartengono a questa categoria vengono definiti “persone altamente sensibili” (in inglese “HSP”, acronimo di “highly sensitive people”), in quanto mostrano una maggiore consapevolezza degli stimoli più sottili e difficili da cogliere e la capacità di processare le informazioni in modo più completo e approfondito.


Per avere conferme empiriche di questa predisposizione e investigare sul come i tratti tipici delle persone altamente sensibili potessero essere associati a determinati pattern di attività cerebrale, la dottoressa Elaine Aron e il dottor Arthur Aron, insieme ad alcuni collaboratori, hanno monitorato, tramite risonanza magnetica, quanto accadeva nel cervello di 18 soggetti sposati, alcuni dei quali inclusi dai ricercatori nella categoria delle persone altamente sensibili.
Ai partecipanti sono state mostrate foto di individui le cui espressioni lasciavano trasparire gioia oppure tristezza. Le foto visionate dai soggetti ritraevano sia dei perfetti sconosciuti che il proprio marito o la propria moglie.

Abbiamo scoperto che nelle persone altamente sensibili”, affermano gli autori dello studio, “le aree del cervello associate alla consapevolezza e all’emozione, in particolare quelle connesse con l’empatia, facevano registrare un afflusso di sangue maggiore rispetto a quanto accadeva nei soggetti con bassa sensibilità”.
L’attività cerebrale delle persone più empatiche raggiungeva l’intensità massima nel momento in cui queste ultime guardavano una foto del proprio coniuge che sorrideva. A distanza di un anno, i soggetti sono stati sottoposti di nuovo all’esperimento, e i risultati sono stati gli stessi rilevati l’anno precedente.


Gli esperti affermano che le regioni cerebrali più attive nel corso dell’esperimento sono risultate quelle implicate nel sistema dei neuroni specchio, che si attivano sia quando si compie una certa azione, sia quando si osserva un’altra persona intenta a svolgerla. Questi neuroni vengono definiti “specchio” in quanto rispecchiano quello che avviene nella mente della persona osservata, proprio come se l’azione fosse compiuta dall’osservatore.
I neuroni specchio vengono considerati i mediatori della comprensione delle azioni realizzate da altre persone, quindi dell’apprendimento mediante l’imitazione, e sono da qualche tempo ritenuti alla base dei processi che regolano la partecipazione empatica.

Gli autori dello studio sostengono che, grazie alle risonanze magnetiche effettuate, è stato possibile ottenere una conferma del fatto che le persone altamente sensibili siano maggiormente capaci di entrare in sintonia con l’ambiente in cui vivono. Inoltre, data la loro spiccata reattività emotiva, i soggetti che rientrano in questa categoria rispondono in modo piuttosto deciso alle situazioni sociali che coinvolgono le emozioni.
I risultati dello studio sono stati recentemente pubblicati sulla rivista “Brain and Behaviour“.

di Giuseppe Iorio



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