Gioco d’azzardo, una questione anche genetica

Sia l’attrazione per il gioco d’azzardo che i comportamenti strategici da attuare quando si scommette/gioca dipendono anche da fattori genetici. Sono queste le conclusioni fornite da uno studio realizzato presso l’Università della California di Berkeley e pubblicato sulla rivista PNAS.
In particolare, a rivestire un ruolo di primaria importanza quando si tratta di gestire scommesse oppure giochi quali il poker, il blackjack e la roulette, sono delle specifiche varianti genetiche che regolano il livello della dopamina nel cervello. La dopamina è un neurotrasmettitore che svolge rilevanti funzioni per quanto riguarda la cognizione, i sentimenti di punizione e di soddisfazione, l’apprendimento e la regolazione del sonno e dell’umore.


Gli studiosi americani sono partiti da elementi emersi nel corso di ricerche precedenti, ricerche che avevano evidenziato come il gioco d’azzardo impegnasse due regioni del cervello i cui neuroni usano proprio la dopamina per comunicare tra loro. Le due aree in questione sono la corteccia prefrontale media, regione coinvolta nella pianificazione, e lo striato, che stimola invece la ricerca di ricompensa.
Per verificare se la dopamina fosse ricollegabile in modo diretto al gioco d’azzardo, gli esperti hanno esaminato il Dna di 217 studenti, ne hanno confrontato il profilo genetico e hanno individuato 12 geni legati alla regolazione della dopamina.
Successivamente, i partecipanti sono stati sottoposti ad alcuni test, durante i quali erano impegnati in giochi d’azzardo telematici contro avversari anonimi. Quando si è coinvolti in questo tipo di giochi, occorre confrontarsi con due diversi processi di apprendimento: prevedere le conseguenze delle proprie azioni e creare un’immagine mentale del proprio avversario.
Analizzando le prestazioni dei giocatori, gli studiosi hanno osservato che entrambi i processi erano connessi ai geni che regolano il funzionamento della dopamina, evenienza che indica chiaramente come i comportamenti strategici da attuare nel gioco d’azzardo siano collegati al patrimonio genetico e non derivino soltanto dall’apprendimento che scaturisce dall’esperienza.

Sempre a proposito di gioco d’azzardo e genetica, ci pare opportuno ricordare in questa sede come alcuni studi portati a termine negli anni scorsi abbiano indicato l’importanza dei fattori ereditari nello sviluppo dell’inclinazione verso il gioco d’azzardo, una tendenza che, in molti casi, può diventare una vera e propria forma di dipendenza.
Tra questi ultimi, merita di essere citato lo studio realizzato nel 2010 da un team di ricercatori del Queensland Institute of Medical Research di Brisbane, in Australia. Quattro anni fa, il gruppo di scienziati australiani intervistò oltre 2700 donne e 2000 uomini, tutti gemelli, sondando le loro abitudini in fatto di gioco d’azzardo.


I gemelli prescelti erano sia omozigoti, il cui patrimonio genetico è il medesimo, sia eterozigoti, il cui patrimonio genetico comune è lo stesso rilevabile in due fratelli normali. I risultati dell’indagine dimostrarono che, quando un gemello omozigote aveva un problema di dipendenza dal gioco d’azzardo, le possibilità che l’altro gemello sviluppasse la stessa dipendenza erano sensibilmente più elevate rispetto a quello che accadeva tra i gemelli eterozigoti. Inoltre, i ricercatori evidenziarono il fatto che, quando uno dei genitori era dipendente dal gioco d’azzardo, i figli risultavano più esposti allo stesso rischio.
Tali conclusioni dimostrano con tutta evidenza come, insieme ai fattori sociali e ambientali, anche quelli genetici abbiano un rilevante ruolo nella genesi della dipendenza dal gioco d’azzardo.

di Giuseppe Iorio



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