La Vitamina D è nota anche come “Vitamina del Sole” perché viene prodotta dal nostro organismo proprio tramite l’esposizione alla luce solare. Si tratta di una vitamina liposolubile (che si scioglie cioè nei grassi, così come accade per le vitamine A, E e K) essenziale per il nostro organismo, perché regola l’assorbimento del calcio nelle ossa. Senza un adeguato apporto di questa vitamina, si corre il rischio di andare incontro a diversi problemi, come l’osteoporosi, l’indebolimento dei muscoli, i dolori intercostali e, secondo alcune ricerche, anche allo sviluppo di alcune forme di cancro (seno, prostata e colon).
Come si diceva, la fonte principale di questa vitamina è la luce solare e, infatti, esponendosi in modo corretto al sole, possiamo assicurare al nostro organismo circa l’80% del suo fabbisogno di vitamina D.
Qual è il modo corretto di esporsi al sole? Anche se, per rispondere in modo preciso a questa domanda bisognerebbe prendere in considerazioni fattori come la stagione, l’ora e la latitudine, possiamo affermare che, in linea di massima, non è affatto necessario indossare il costume da bagno e restare sdraiati per un buon numero di ore. Insomma, anche coloro che non sono particolarmente predisposti alla tintarella possono egualmente assicurare al proprio organismo il giusto apporto di vitamina D esponendosi al sole per almeno 15-20 minuti al giorno e per non meno di quattro giorni a settimana e lasciando scoperto il viso, le braccia e le gambe.
Nel corso del recente Congresso “Clinical Update in endocrinologia e metabolismo”, svoltosi a Brescia, gli studiosi presenti hanno addirittura proposto “prestazioni espositive” più modeste per evitare carenze di vitamina D. Secondo i partecipanti al congresso, basta lasciare esposte al luce solare soltanto le braccia per un tempo variabile tra i 5 e i 30 minuti, due o tre volte a settimana, in un orario compreso tra le 10 e le 15. Una piccola abitudine quanto mai salutare, dal momento che, nel nostro Paese, la carenza di vitamina D interessa quasi il 90% delle persone con più di 70 anni di età e il 10% circa dei giovani adulti.
Si diceva poco prima che l’80% del fabbisogno di questa vitamina deriva dall’esposizione al sole. Il restante 20%, invece, viene apportato dalla dieta.
E allora, quali sono le fonti alimentari che contengono le maggiori quantità di vitamina D? Tra i cibi più ricchi di questa sostanza, ci sono il salmone, il tonno, lo sgombro, le sardine, le aringhe, l’olio di fegato di merluzzo, le uova, i formaggi grassi.
Tuttavia, uno studio realizzato lo scorso anno da un team di ricercatori australiani avanza la tesi che l’alimento in grado di fornire in assoluto le maggiori dosi di vitamina D sarebbero i funghi champignon, purché sottoposti ad un piccolo trattamento (per scoprire quale, leggete l’articolo in cui ci occupiamo dei dettagli dello studio, che trovate qui).
di Giuseppe Iorio