Nomofobia, la paura di restare senza cellulare

L’interazione costante con i nuovi media ha aspetti controversi. Pare superfluo sottolineare come i computer, i tablet, i telefoni cellulari e la navigazione in Rete abbiano rivoluzionato, in maniera radicale e nel giro di pochissimi anni, le nostre modalità di relazionarci al mondo esterno. Nondimeno, accanto alle immense possibilità, sul piano comunicativo e conoscitivo, offerte dagli strumenti tecnologici che adoperiamo, vanno rilevate anche le conseguenze negative che l’uso o, per meglio dire, l’abuso di tali strumenti può avere sulla nostra psiche. Non a caso, si parla sempre più spesso di tecnodipendenza, di dipendenza da Internet e da Facebook, per indicare quello stato di malessere (crisi d’ansia, irritabilità, malumore) che si manifesta quando ci si trova a dover fronteggiare l’impossibilità di poter utilizzare un dispositivo digitale che ci consenta di essere online.
Tra le varie modalità con le quali questo disagio può presentarsi va annoverata la cosiddetta “nomofobia“, termine che unisce l’espressione inglese “no mobile-phone” e il suffisso “-fobia”, cioè “paura”.


In sostanza, questo disturbo consiste nel controllare costantemente il cellulare per verificare la presenza di nuovi messaggi di testo o chiamate, nell’avvertire il timore di poterlo perdere, nel sentirsi in ansia al pensiero di non poterlo utilizzare perché ha la batteria scarica o perché ci si trova in un luogo in cui non c’è campo, nel tenerlo acceso per 24 ore al giorno, tanto da andare addirittura a letto con il telefonino a portata di mano – a tal proposito, un sondaggio realizzato dall’istituto di ricerca britannico “YouGov” ha stabilito che oltre sei individui su dieci, nella fascia di età compresa tra i 18 e i 29 anni, dormono con il cellulare acceso accanto al letto.

Circa la crescente diffusione della nomofobia, i dati sono incontrovertibili: uno studio realizzato nel 2012 ha rilevato come la paura di perdere il cellulare sia tra le ipotesi maggiormente preoccupanti per i cittadini britannici, interessando il 66% del campione intervistato, contro il 53% registrato in un analogo studio realizzato nel 2008 sempre nel Regno Unito.
“In passato, le persone avevano paura di perdere le chiavi o il portafoglio. Oggi, si nota uno slittamento di questi timori verso il telefono, che cristallizza tutta la nostra memoria”, sostiene Catherine Lejealle, sociologa specializzata nell’utilizzo delle nuove tecnologie, che spiega in questi termini i motivi per i quali la prospettiva di perdere il telefonino appaia tanto inquietante.
Di recente, un sondaggio del quotidiano americano “Chicago Tribune” ha messo in evidenza un altro dato piuttosto indicativo dell’importanza che il telefono mobile ha assunto nella nostra vita quotidiana: oltre la metà degli intervistati sosteneva di preferire una settimana senza la possibilità di lavarsi i denti invece che una settimana senza la possibilità di usare il proprio smartphone.


“È come un nuovo coltellino svizzero”, così definisce il cellulare Phil Marso, promotore delle Giornate Mondiali senza Telefonino da più di dieci anni a questa parte. “Teniamo tutta la nostra vita nel telefono e, quando lo perdiamo, perdiamo anche una parte della nostra vita. Ecco la ragione dell’angoscia che proviamo”. Marso sottolinea anche come l’utilizzo compulsivo di smartphone e tablet crei il rischio di portarci a vivere in un mondo virtuale in cui, a dispetto del fatto che i legami sociali non siano in pericolo per l’esistenza dei social network, c’è il consistente rischio di perdere il contatto fisico, la capacità di interagire con gli altri senza uno strumento tecnologico che stia lì a mediare la comunicazione tra noi e i nostri interlocutori.

di Giuseppe Iorio



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