Il benessere della mente e quello del corpo sono strettamente interconnessi. Ogni anno, decine di ricerche confermano che yoga, meditazione e pratiche religiose aiutano non soltanto ad alleviare il disagio psichico ma anche i sintomi di numerosi disturbi fisici. D’altro canto, è noto da tempo che i problemi relativi alla sfera psicologica, come depressione, ansia e stress, possono aumentare il rischio di sviluppare patologie organiche, malattie cardiovascolari in primis.
Proprio partendo dall’inscindibilità del binomio mente-corpo, le nuove frontiere della ricerca medica si stanno aprendo ad approcci terapeutici non più basati sulla semplice somministrazione di farmaci, bensì orientati a favorire la guarigione del paziente tramite un riequilibrio del sistema “essere umano” nel suo complesso.
Una disciplina che adotta quest’ottica olistica è la Psico-neuro-endocrino-immunologia (Pnei), che si propone di studiare le relazioni tra i sistemi di regolazione dell’equilibrio di un individuo, cioè il sistema nervoso, quello endocrino e quello immunitario. La Pnei vede dunque l’essere umano come una rete di sistemi di regolamentazione che inizia a stratificarsi a partire dal concepimento, e che subisce modifiche dovute alle condizioni ambientali.
Ad esempio, quando viviamo una condizione di stress, si innescano delle reazioni immunitarie. Questo meccanismo fisiologico, però, può diventare patologico quando lo stress è forte e persistente. In quel caso, infatti, il sistema immunitario si sbilancia e, di conseguenza, si sviluppano delle infiammazioni che determinano lo sviluppo di patologie.
L’approccio terapeutico di questa disciplina prevede l’analisi delle condizioni di stress presenti nelle vicende biografiche del paziente, della sua alimentazione e del suo stile di vita. Ottenuto un quadro generale della situazione del paziente, il medico non si limita alla prescrizione di farmaci ma interviene sui vari fattori esaminati per fare in modo che, in futuro, non si manifestino nuovi squilibri che porterebbero il disturbo a ripresentarsi.
A fornire un’ulteriore prova della stretta connessione tra psiche e corpo è una tecnica nota come “biofeedback”, che consente di modificare alcune delle proprie funzioni fisiologiche, con l’obiettivo di contrastare la sintomatologia di numerosi disturbi oppure di migliorare le proprie prestazioni atletiche.
In pratica, attraverso l’utilizzo di specifiche apparecchiature, si registrano alcuni parametri fisiologici del soggetto – come la frequenza cardiaca, la pressione arteriosa, la temperatura corporea, la tensione muscolare, la respirazione – che vengono restituiti a quest’ultimo come informazioni di ritorno (feedback) tramite segnali luminosi e sonori di intensità variabile, in modo tale che il soggetto possa imparare a modificare progressivamente le proprie funzioni biologiche.
Le sessioni di biofeedback durano 15-20 minuti e sono gestite da un operatore specializzato che assiste il paziente nella lettura dei propri parametri vitali e gli fornisce indicazioni sulle tecniche da attuare per modificarli, così da ottenere i benefici desiderati. Il numero delle sedute dipende dagli obiettivi del training ma, in genere, ne occorrono 10-15.
Grazie a questa tecnica, si possono ottenere benefici in caso di stress, ansia, attacchi di panico, depressione, sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD), insonnia, cefalea, mal di schiena, problemi posturali, asma, dolore cronico, ipertensione.
Attraverso il biofeedback, il paziente acquista un ruolo attivo nel processo di guarigione. Difatti, stimolando le risposte naturali del proprio organismo contro un determinato disturbo, si innesca un meccanismo terapeutico naturale che rende superflua la necessità di far ricorso ai farmaci.
di Giuseppe Iorio