Tra i banchi di scuola, su una panchina in parco, ai tavolini di un caffè, davanti a un monumento; non esiste posto in cui non si possa trovare una persona impegnata a scattare un “Selfie”, cioè un autoritratto fotografico realizzato con una fotocamera digitale o uno smartphone. Il selfie ha caratteristiche leggermente diverse dall’autoscatto canonico: mentre quest’ultimo permette di allontanarsi dall’obiettivo grazie a un meccanismo di scatto ritardato della foto, il primo si effettua tenendo in mano l’apparecchio e puntando l’obiettivo verso sé stessi. La destinazione naturale del selfie è rappresentata dai social network, sui quali gli utenti pubblicano le proprie foto.
La parola “selfie” è stata nominata vocabolo dell’anno nel 2013 dal prestigioso Oxford Dictionary per via della diffusione esponenziale del termine, segno della propagazione del fenomeno, diventato per molti una vera e propria forma di dipendenza che, in alcuni casi, ha provocato incidenti mortali dovuti all’attenzione impropria dedicata agli scatti.
La selfie-mania è stata anche argomento di discussione a causa di una notizia rivelatasi poi infondata ma circolata inizialmente in Rete come vera. In pratica, sul sito “The Adobo Chronicles”, che riporta news inventate anche se piuttosto verosimili, era stato pubblicato un articolo nel quale si riferivano le conclusioni degli esperti dell’American Psychiatric Association sul fenomeno selfie: gli psichiatri americani avrebbero proposto di classificare l’eccesso di tempo dedicato alle fotografie che ritraggono sé stessi come disturbo mentale, la “selfite”.
A tal proposito, ci sentiamo di osservare che la falsa notizia potrebbe solo aver precorso i tempi, in quanto la letteratura scientifica sembra sempre più interessata alle nuove dipendenze e dunque non sarebbe sorprendente se, presto o tardi, l’idea fissa dei selfie venisse inserita nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali accanto alla dipendenza dal gioco d’azzardo, da internet, dallo shopping, dal lavoro e dal sesso.
D’altronde, se è vero che ogni ossessione nasconde una paura, testimonia la vulnerabilità di chi la sperimenta, quale pulsione oscura si cela nell’essere assillati dal bisogno di scattare dei selfie?
Una parziale risposta al quesito arriva da un recente sondaggio promosso dall’azienda che produce “VoucherCloud” (un’applicazione per tablet e smartphone) e che ha voluto svolgere indagini su questo fenomeno per comprendere quali fossero i meccanismi psicologici che spingono centinaia di milioni di persone in tutto il mondo a scattare selfie di continuo.
Il sondaggio ha coinvolto 2071 soggetti, di entrambi i sessi, con età compresa tra i 18 e i 30 anni, che hanno risposto a un questionario. Analizzando le risposte fornite dal campione, gli esperti hanno potuto concludere che, quando si trattava di dare un giudizio sul proprio aspetto e sul grado di soddisfazione delle proprie relazioni, circa il 60% del gruppo dei partecipanti impegnati regolarmente con i selfie ammetteva di avere una scarsa autostima, mentre solo il 13% di questo gruppo riteneva di stare bene con la propria persona e di essere soddisfatto della propria immagine.
Quanto ai motivi per i quali si dedica tanto tempo ai selfie, diversi partecipanti hanno evidenziato come una foto di sé stessi possa trasmettere il proprio stato d’animo in modo più immediato rispetto a un post verbale, ma la maggior parte del campione ha ammesso tranquillamente che la pubblicazione dei selfie rappresenta il modo più diretto per richiamare l’attenzione degli altri e ricevere la loro approvazione.
Dunque, a giudicare dai dati emersi dal sondaggio, si potrebbe pensare a un circolo vizioso. Minore è la propria autostima, tanto più tempo si dedica ai selfie, provando decine e decine di scatti, in attesa di quello di nostro gusto, che possiamo eventualmente ritoccare con un software per renderlo più accattivante. Ottenuta una foto che restituisce un’immagine soddisfacente di noi stessi, la pubblichiamo online, aspettando con ansia i commenti positivi dei nostri amici, a suggellare il buon esito dei nostri sforzi.
Naturalmente, occorre sottolineare che non sempre la pubblicazione di un selfie cela una specifica debolezza, potendo benissimo essere un modo come un altro per soddisfare il proprio ego in maniera sana e divertente. Come sempre, tutto sta nella giusta misura. Nella fattispecie, nel giusto peso attribuito alla nostra immagine e al giudizio che gli altri danno della stessa.
di Giuseppe Iorio