Le donne che rivestono ruoli professionali di livello più elevato, posizioni che comportano la necessità di prendere decisioni delicate, come ad esempio quella di licenziare, sembrano essere maggiormente vulnerabili rispetto alla depressione. E’ quanto emerge da uno studio realizzato dai ricercatori della University of Texas di Austin, diretto dalla dottoressa Tetyana Pudrovska e pubblicato sulla rivista “Journal of Health and Social Behavior”. Lo studio si è avvalso di un campione costituito da 2800 persone di mezza età (1500 donne e 1300 uomini) diplomatisi nelle scuole superiori dello stato del Wisconsin. I ricercatori hanno intervistato i partecipanti, domandando loro quale ruolo occupassero sul lavoro e poi indagando sugli eventuali sintomi depressivi ravvisati nel corso della propria esperienza professionale.
In base alle informazioni raccolte nel corso delle interviste, gli studiosi hanno potuto rilevare come, quando le donne occupavano ruoli che assegnavano loro l’autorità di stabilire chi dovesse essere assunto o licenziato o di apportare modifiche alle retribuzioni degli altri lavoratori, queste ultime tendevano a presentare un aumento dei sintomi della depressione quantificabile nel 9%.
Un effetto del tutto opposto è stato invece rilevato negli uomini. Difatti, sempre relativamente al campione intervistato, si può concludere che, quando un uomo occupa un ruolo di maggior potere, i sintomi depressivi diminuiscono del 10%.
Questi risultati possono essere apparentemente sorprendenti. Difatti, una posizione lavorativa di maggior rilievo è associata a maggior istruzione, più ampia autonomia e redditi più elevati rispetto ai ruoli gerarchicamente subordinati, tutti fattori che, come sottolineano gli autori della ricerca, dovrebbero rappresentare elementi tali da consentire maggior soddisfazione e, di conseguenza, minor rischio di andare incontro a stati depressivi. Invece, nel caso delle donne, queste considerazioni risultano ribaltate.
Ciò accade a causa di un meccanismo psicologico discriminante ancora ben radicato nella nostra società. Intervistata dalla BBC in merito agli esiti di questo studio, la dottoressa Ruth Sealy della City University di Londra sostiene che le persone tendono a considerare come naturale la leadership di un individuo di sesso maschile; quando, invece, è una signora a occupare una posizione di maggior potere, il suo ruolo viene continuamente messo in discussione, il che crea resistenza da parte di chi deve subire le sue decisioni, con conseguenti tensioni interpersonali e situazioni stressanti per la donna.
I ricercatori hanno poi valutato l’influenza di altri fattori che potrebbero favorire la comparsa di sintomi depressivi, come il numero di ore di lavoro a settimana, la flessibilità sugli orari di lavoro e la frequenza di controlli da parte dei superiori. E, in merito a questi fattori, gli studiosi rilevano che gli uomini godono di maggiore autonomia decisionale relativamente agli orari di inizio e fine dei propri turni di lavoro e sono soggetti a minori controlli dei propri supervisori rispetto a quanto accade alle donne.
di Giuseppe Iorio
Le donne dovrebbero avere più tutele e vantaggi sul posto di lavoro, anche a costo di penalizzare i colleghi maschi, perchè si sa che le donne hanno una sensibilità superiore a noi maschi, che infatti siamo bestie a loro confronto. Lo Stato deve intervenire a favore delle donne in carriera con ogni mezzo!
Sarebbe sufficiente riservare il ruolo di supervisore soltanto alle donne. Sarebbe sufficiente riservare alle sole donne l’accesso alle professioni meno logoranti, non solo fisicamente ma anche psicologicamente. Sarebbe sufficiente offrire gratuitamente alle donne lavoratrici una serie di servizi per il loro benessere. E maggiori controlli sui colleghi maschi. Quando allora si penserà a tutelare le lavoratrici invece di parlarne e parlarne senza concludere niente?