Non è certo una sorpresa che le applicazioni per smartphone e tablet che riguardano salute, dieta e benessere siano particolarmente numerose. Ma, leggendo i dati che emergono da uno studio dell’Institute for Healthcare Informatics (IMS), è difficile fare a meno di restare colpiti dalla cifra esatta: ben 165 mila, considerando solo quelle sul mercato statunitense.
Un numero così elevato da rendere immediata la percezione che il settore delle applicazioni per smartphone e tablet in ambito mHealt (“mobile healt”, cioè “salute per dispositivi mobili”) stia attraversando attualmente una fase di imponente ascesa.
Lo studio in questione ha esaminato alcune delle caratteristiche salienti delle app presenti nei principali store globali.
Il primo dato ricavabile dal report fornito dall’IMS è la suddivisione delle applicazioni disponibili in due macrocategorie.
Da un lato, ci sono app che si occupano di benessere, e che quindi forniscono suggerimenti e indicazioni per gestire al meglio l’attività sportiva praticata e la dieta. Le app che si occupano di fitness, stile di vita e alimentazione sono le più diffuse, circa due terzi del totale.
Dall’altro, ci sono applicazioni riguardanti una determinata patologia, che aiutano a monitorare il trattamento seguito e il decorso della malattia. Le app relative alla gestione di malattie costituiscono circa un quarto del totale.
Piuttosto sorprendente in negativo, invece, il dato relativo alla capacità delle app di connettersi con dispositivi o sensori: l’IMS stima che solo il 10% delle applicazioni sia dotata di questa proprietà, che risulta sicuramente comoda in quanto consente di ottenere biofeedback relativi alle funzioni fisiologiche dell’utilizzatore.
Questa enorme quantità di app disponibili rischia però, secondo gli estensori del report, di confondere le idee dei consumatori. Come sostiene Murray Aitken, direttore esecutivo dell’IMS, molti sono costretti a sperimentare un gran numero di opzioni nel tentativo di trovare l’app più adatta alle proprie esigenze. Per contro, tanti altri utenti si limitano, semplicemente, a scegliere le applicazioni più popolari. Questo ultimo dato viene confermato dal fatto che il 12% delle applicazioni complessivamente disponibili raccoglie circa il 90% dei download totali. Dato ancora più emblematico in tal senso è il seguente: le 36 applicazioni più diffuse possono contare su circa la metà dei download totali.
Un aiuto a navigare con maggior consapevolezza nel mare magnum delle app mHealt giunge però dagli esperti, come evidenzia lo studio. Quando un istruttore di fitness o un medico consiglia di usare una data applicazione, l’utente tende a fidarsi del parere del professionista. Questa considerazione nasce dall’analisi di un parametro, ossia la percentuale di utenti rimasti attivi 30 giorni dopo il download di una data applicazione: gli utenti che usano quest’ultima in seguito al parere di medici o istruttori risultano sensibilmente più costanti rispetto a coloro che invece l’hanno scoperta in autonomia, che tendono quindi ad abbandonarla più facilmente.
Il report dell’IMS mette anche in rilievo anche la presenza di alcuni aspetti critici relativi alle applicazioni di tipo mHealt.
Uno dei principali problemi è rappresentato, naturalmente, della riservatezza dei dati. Molto spesso, poi, mancano elementi che consentano di stabilire in modo scientifico l’efficacia delle app. Infine, in numerosi casi, le applicazioni sono di difficile utilizzo sia per i soggetti più anziani, sovente privi della necessaria dimestichezza con la tecnologia, sia per coloro che non conoscono la lingua inglese.
di Giuseppe Iorio