Alcuni anni fa, più precisamente nel 2012, un team di ricercatori della Harvard Medical School di Boston scoprì, in un gruppo di roditori, un ormone la cui produzione aumentava con l’attività fisica. Tale sostanza accelerava il metabolismo ed esercitava effetti positivi sul peso corporeo e sulla salute cardiovascolare.
L’entusiasmo iniziale per la scoperta di quello che è stato ribattezzato “ormone dello sport” andò lentamente scemando, in quanto gli scienziati americani, nonostante gli sforzi, non riuscirono a individuare la presenza dello stesso nell’organismo umano.
Ma, finalmente, il dottor Bruce Spiegelman e alcuni suoi colleghi dell’ateneo americano, come riportato da un articolo pubblicato sulla rivista “Cell Press”, sono riusciti a mettere a punto delle tecniche di indagine che hanno consentito loro di trovare traccia dell’Irisina, questo il nome della sostanza in questione, anche nel sangue degli esseri umani.
Una volta perfezionati gli strumenti per testare la presenza dell’ormone, i ricercatori hanno reclutato 10 persone di 25 anni per eseguire dei test. Sei dei partecipanti hanno praticato, 3 volte a settimana per 12 settimane, attività fisica di varia tipologia, come tapis roulant e cyclette. Gli altri quattro soggetti sono stati invitati a svolgere vita sedentaria per lo stesso periodo di tempo.
Alla fine dei circa tre mesi, esaminando il sangue dei 10 soggetti, si è scoperto come il livello dell’irisina fosse sensibilmente più elevato nell’organismo del gruppo degli sportivi rispetto ai sedentari.
Dal momento che, come ricordato, questo ormone velocizza il metabolismo e consente di bruciare i grassi con maggiore rapidità, l’auspicio degli studiosi è quello di poter realizzare trattamenti farmacologici utili per la cura delle malattie metaboliche e per aiutare a perdere peso e contrastare l’obesità.
Peraltro, l’ormone è stato di recente protagonista di un secondo studio, che ha visti impegnati ricercatori statunitensi, provenienti dall’Icahn School of Medicine at Mount Sinai di New York, e italiani, facenti capo alle Università di Ancona e di Bari.
Gli studiosi hanno scoperto che l’irisina rilasciata dai muscoli quando si svolge attività fisica rinforza la ossa lunghe, quelle più esposte al rischio di frattura e maggiormente impegnate nel movimento. Gli autori della ricerca, pubblicata sulla celebre rivista “PNAS”, sono giunti a tali conclusioni osservando gli effetti conseguenti a delle iniezioni di irisina in un gruppo di topi. In seguito alle iniezioni, infatti, le ossa dei roditori facevano registrare un rafforzamento del tessuto e della resistenza.
Dunque, se l’irisina producesse risultati analoghi anche negli esseri umani, questa sostanza potrebbe essere utilizzata anche per la produzione di nuovi farmaci dedicati al trattamento di patologie come l’osteoporosi e la sarcopenia (una sindrome caratterizzata dalla perdita graduale della massa muscolare).
di Giuseppe Iorio