Sbadiglio, il mistero del suo “contagio”

Lo Sbadiglio è un fenomeno tanto naturale quanto ancora oscuro o, per meglio dire, non ancora del tutto decifrato per quanto attiene al suo aspetto “contagioso”. A tutti sarà capitato di osservare come, in presenza di un gruppo di persone, quando qualcuno sbadiglia gli altri tendano a seguirlo a ruota. I motivi di questo atto di involontaria imitazione sembrano avere attinenza con l’empatia, ma non tutti gli studiosi sono giunti, nel corso delle proprie analisi del fenomeno, alle medesime conclusioni.

I meccanismi alla base dello sbadiglio

L’atto di sbadigliare consiste in una contrazione e in un allungamento improvviso di muscoli respiratori che consta di tre fasi: dapprima, una profonda inalazione, poi un momento in cui l’allungamento dei muscoli è massimo e la respirazione si blocca temporaneamente, infine l’espirazione e il conseguente rilassamento dei muscoli. Si ritiene che gli esseri umani sbadiglino quando si sentono stanchi, quando sono soggetti a stress psico-fisico e anche quando avvertono sensazioni di fame. Il cervello, in tali circostanze, necessita di maggiore apporto di ossigeno per consentirci di restare vigili e concentrati nello svolgimento delle nostre attività. Attraverso lo sbadiglio, dunque, il nostro corpo si rilassa, mentre l’ossigeno immesso nell’organismo favorisce la produzione di energia da parte delle cellule.


Perché è contagioso?

Come già sottolineato, l’aspetto più curioso del fenomeno fisiologico di cui ci occupiamo risiede nella sua natura per così dire “contagiosa”. Un aspetto sul quale non pochi studiosi hanno svolto indagini nel corso degli anni. E molti degli approfondimenti portati a termine hanno fatto emergere connessioni tra la contagiosità dello sbadiglio e una componente sociale. Motivo per il quale, oltre a studi relativi agli esseri umani, sono stati realizzati esperimenti anche sullo sbadiglio imitativo negli animali, per verificare se e in che modo fosse possibile rilevare anche in questi ultimi radici del fenomeno connesse all’empatia. Gli studi sugli scimpanzé hanno consentito agli esperti di avere conferma del fatto che questi primati fossero maggiormente inclini allo sbadiglio quando vedevano sbadigliare scimmie appartenenti al proprio gruppo rispetto a quando, invece, a sbadigliare erano esemplari che non facevano parte del proprio gruppo. Anche varie ricerche relative ai cani hanno dimostrato che i nostri amici a quattro zampe sembrano influenzati da fattori empatici, dal momento che sbadigliano con maggiore frequenza quando vedono sbadigliare esseri umani a loro familiari, mentre invece il contagio risulta molto meno significativo se lo sbadiglio proviene da un umano sconosciuto.

E se il principio della familiarità vale per gli animali, esso risulta ancor più netto nel caso degli esseri umani. Difatti, gli studi sull’argomento hanno evidenziato come gli sbadigli contagiosi aumentino se a sbadigliare è una persona a noi nota, quindi un amico oppure un parente stretto. Ulteriore conferma della connessione tra sbadiglio imitativo ed empatia è dato dalla circostanza che anche i bambini sono soggetti a questo fenomeno imitativo solo a partire dall’età di 4-5 anni, dunque da quando iniziano a riconoscere le emozioni degli altri.


Dipende davvero dall’empatia?

Nel 2014, tuttavia, le conclusioni di uno studio pubblicato sulla rivista PLOS ONE e realizzato dagli esperti del Duke Center for Human Genome Variation, nel North Carolina, Stati Uniti, hanno sconfessato le radici empatiche della contagiosità degli sbadigli. Gli autori della ricerca hanno testato 328 volontari, mostrando loro dei video che riprendevano soggetti intenti a sbadigliare. Ben 322 dei soggetti hanno sbadigliato, a loro volta, almeno in una circostanza. Il che conferma, se ce ne fosse bisogno, quanto sia inevitabile imitare questo gesto. Ma l’aspetto nuovo che emerge dallo studio è rappresentato dalle ragioni ritenute dagli autori alla base del fenomeno: il comportamento involontariamente imitativo non avrebbe attinenza con l’empatia ma dipenderebbe dall’età dei soggetti. In sostanza, i soggetti più anziani sarebbero maggiormente immuni, dunque sbadiglierebbero di meno rispetto alle persone più giovani quando si trovano in presenza di altri individui che sbadigliano.

Una risposta allo studio appena descritto è giunta, infine, da recentissimi test realizzati dagli esperti in psicologia e neuroscienze della Baylor University in Texas, autori di una ricerca le cui conclusioni sono state da poco pubblicate sulla rivista “Personality and Individual Differences”.
I ricercatori texani hanno coinvolto nei loro esperimenti 135 studenti, sottoponendoli a dei test per misurare i tratti antisociali: incapacità di aderire alle norme sociali, grado di narcisismo e di freddezza emotiva. Successivamente, hanno mostrato loro video nei quali venivano riprese persone intente a sbadigliare. In questo modo, è emerso come fossero proprio i soggetti con tratti antisociali più accentuati, quindi le persone meno capaci di sintonizzarsi sullo stato d’animo degli altri, a risultare meno inclini a sbadigliare a loro volta. Tali conclusioni sembrano confermare in modo lampante come lo sbadiglio contagioso debba in qualche modo essere connesso alla capacità di comprendere le altrui emozioni, quindi all’empatia.

di Giuseppe Iorio



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