Insonnia, combatterla con la terapia cognitivo-comportamentale

Chi ha difficoltà ad addormentarsi, oppure si sveglia di frequente durante la notte o, ancora, si risveglia troppo presto al mattino, dovrebbe provare a risolvere i problemi di insonnia attraverso la terapia cognitivo-comportamentale prima di far ricorso ai farmaci.
Questo il parere dell’American College of Physicians (ACP), l’associazione di medici internisti statunitensi che mette in evidenza, nelle linee guida di pratica clinica pubblicate recentemente sulla rivista “Annals of Internal Medicine”, come la terapia cognitivo-comportamentale risulti molto efficace nel trattamento dell’insonnia e, soprattutto, comporti minori effetti collaterali rispetto ai farmaci.

L’ACP sottolinea che i farmaci ipnoinducenti, cioè i medicinali che favoriscono il sonno, possono creare dipendenza e determinare seri effetti indesiderati, come minore capacità di concentrazione e di coordinazione motoria, confusione mentale e sonnolenza diurna, con il rischio di incidenti domestici, sul lavoro e durante la guida.
Per questi motivi, l’ACP sostiene che i farmaci debbano essere utilizzati per periodi di tempo circoscritti, non superiori alle 4/5 settimane, a differenza della terapia cognitivo-comportamentale, ottimale a lungo termine.


Come interviene la terapia cognitivo-comportamentale sull’insonnia?

La terapia cognitivo-comportamentale per il trattamento dell’insonnia presuppone, in primo luogo, una valutazione del tipo di insonnia del paziente; occorre cioè stabilire se il disturbo è un sintomo di altro problema di natura fisica o psicologica (insonnia secondaria) oppure se il sonno insufficiente nasce dall’ansia e dalla tensione che impediscono un soddisfacente riposo notturno (insonnia primaria). In questo modo, sarà possibile predisporre l’intervento terapeutico calibrato sui bisogni del soggetto.

Nel corso della terapia, che in alcuni casi può svolgersi anche in gruppo, al paziente vengono ricordati i principi base dell’igiene del sonno, tra i quali la necessità di evitare tè e caffè nel tardo pomeriggio e di sera, optare per una cena leggera, fare a meno di pisolini pomeridiani, lasciare spenti computer, tablet e smartphone mentre si dorme, apparecchi che interferiscono con i ritmi circadiani, influendo negativamente sul corretto riposo notturno.


Ma, ovviamente, questo intervento terapeutico non si limita solo a fornire consigli relativi alle abitudini corrette per dormire bene. Difatti, al paziente vengono anche insegnate delle tecniche di rilassamento da utilizzare prima di andare a letto, per consentirgli di allentare la tensione muscolare e predisporre il corpo al riposo.

Inoltre, il terapeuta interviene sui pensieri disfunzionali, identificando quelli che sono alla base dello stato di ansia e malessere e indicando al paziente dei modelli di pensiero nuovi, così da permettergli di evitare gli atteggiamenti negativi che determinano i problemi di insonnia.

L’approccio cognitivo-comportamentale offre dunque una serie di strategie che consentono al paziente di migliorare la qualità e la quantità di sonno. Anche nel caso in cui si rendesse necessario il ricorso ai farmaci, questa terapia permette comunque di assumere dosi più contenute di medicinali ipnoinducenti.

di Giuseppe Iorio



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