Vacanze in montagna, consigli ai cardiopatici

Come ben noto, quando ci si trova in alta montagna, il cuore è costretto a degli sforzi supplementari. Difatti, quando aumenta l’altitudine, c’è minore disponibilità di ossigeno nell’aria, evenienza che costringe l’organismo ad aumentare il lavoro cardiaco e respiratorio e la pressione arteriosa. In aggiunta, va ricordato che, in quota, il nostro organismo ha minori capacità di usare l’ossigeno disponibile.
Le due condizioni appena riportate determinano, dunque, un incremento del rischio di ictus e infarto nelle persone affette da problemi di natura cardiovascolare.
Proprio per questo motivo, i cardiologi tendono a sconsigliare le vacanze in montagna ai propri pazienti.


Tuttavia, secondo il professor Piergiuseppe Agostoni, coordinatore dell’Area di Cardiologia Critica del Centro Cardiologico Monzino, se affrontata con tutte le cautele del caso, la montagna non dovrebbe essere considerata una meta proibita ai cardiopatici.
Difatti, secondo l’esperto, grazie ai nuovi strumenti a disposizione degli specialisti, oggi è possibile prevedere con accuratezza gli effetti dell’altitudine sul sistema cardiocircolatorio di ciascun paziente, in modo da poter garantire una vacanza in montagna priva di particolari rischi.

“Valutando le condizioni specifiche di ciascuno”, spiega il professor Agostinoni, “attualmente possiamo essere molto precisi nello stabilire se una persona può raggiungere l’alta quota, quale tempo di acclimatamento deve rispettare, fino a quali altezze può spingersi, quali farmaci eventualmente deve assumere per stare meglio. Oppure, se già assume una terapia, stabiliamo come dobbiamo modificarla ed eventualmente rafforzarla».


Ci sono, ovviamente, delle regole da osservare. Essenzialmente, occorre salire lentamente, con gradualità e trascorrere almeno una notte in montagna prima di dedicarsi all’attività fisica. Si devono evitare sforzi particolari il primo giorno, così da prevenire il rischio di problemi come la mancanza di fiato (dispnea). Inoltre, bisogna mangiare e bere in maniera regolare.
Di norma, si suggerisce di non superare i 2500 metri, ma si tratta di un consiglio generico, perché la quota massima varia a seconda della tipologia e della gravità del disturbo di cui soffre il paziente.

Infine, prima di recarsi in montagna è opportuno sottoporsi a una visita cardiologica, effettuando anche un test da sforzo, che può fornire indicazioni utili per eventuali modifiche della terapia seguita.

di Giuseppe Iorio



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