Per un profano, il pianto di un neonato italiano sarebbe identico a quello di un neonato proveniente dalla Cina o dal Camerun. Ma, alle orecchie di un esperto, le differenze si notano. E queste differenze dipendono, essenzialmente, dalla lingua parlata nell’ambiente in cui vive la madre, che il nascituro ascolta e, in qualche modo, inizia ad apprendere già quando si trova nel grembo.
Di questo tema, si sono occupati due studi realizzati dai ricercatori dell’Università di Würzburg, in Germania, e diretti dalla professoressa Kathleen Wermke.
Nel corso dei due studi, sono stati messi al confronto i vagiti emessi da neonati di tre diverse zone del mondo. In particolare, è stato comparato il pianto di bambini appena nati la cui madre parlava una lingua tonale con quello di bambini messi alla luce da donne che parlavano lingue non tonali.
Le lingue tonali sono chiamate in questo modo perché una variazione del tono di una sillaba ne può modificare il significato. Un esempio di lingua tonale è rappresentato dal cinese mandarino: in questa lingua, la sillaba “ma”, a seconda dell’intonazione con cui viene pronunciata, può significare “madre” oppure “cavallo”.
Il confronto tra il pianto di bambini di diverse nazionalità
E proprio il pianto dei neonati cinesi è stato analizzato nel corso del primo dei due studi, pubblicato sulla rivista “Journal of Voice”.
I ricercatori hanno comparato i vagiti emessi da 102 bambini, metà dei quali erano cinesi, mentre l’altra metà era costituita da bimbi tedeschi. L’esame ha mostrato significative differenze nell’intonazione del pianto: quello dei bebè tedeschi aveva un’intonazione più dura, mentre quello dei bambini cinesi risultava caratterizzato da un’intonazione più variabile e melodica.
Nel secondo studio, pubblicato sulla rivista Speech, Language and Hearing, l’analisi dei ricercatori si è invece focalizzata sul pianto di 21 neonati tedeschi e altrettanti bebè della popolazione Nso, una gruppo etnico che risiede in una regione del NordOvest del Camerun e che utilizza una lingua tonale, il Lamnso.
I risultati non sono stati dissimili da quelli del precedente studio: il pianto dei bimbi Nso era contraddistinto da una variazione melodica più alta rispetto a quella registrata nei vagiti dei neonati tedeschi, e appariva “simile a una cantilena”.
Si familiarizza con la lingua già negli ultimi 3 mesi di gravidanza
“I mattoni fondamentali per lo sviluppo del linguaggio”, afferma la professoressa Wermke, “vengono acquisiti al momento della nascita, e non solo quando i bambini emettono i primi vocalizzi e poi le prime parole”.
Secondo gli autori dello studio, i bambini familiarizzano con la lingua madre a partire dall’ultimo trimestre di gravidanza, e il pianto con cui si esprimono nella primissima fase della loro vita presenta modelli melodici caratteristici della lingua parlata nell’ambiente in cui si trovano, e in modo più specifico dalla lingua parlata dalla madre.
Le conclusioni dei due studi costituiscono, dunque, un ulteriore passo avanti nella comprensione degli elementi basilari delle prime fasi di sviluppo del linguaggio.
di Giuseppe Iorio