Gli effetti dei videogame sulla nostra psiche e sul nostro comportamento, in particolare per quanto riguarda bambini e adolescenti, che ne rappresentano i fruitori più appassionati, sono piuttosto controversi.
Da vari anni, ormai, il tema è al centro del dibattito scientifico. Una cospicua serie di studi ha cercato di esaminare, sotto vari aspetti, se e come muti il modo di pensare e di agire di coloro che trascorrono molto tempo impegnati con videogame che propongono al giocatore esperienze videoludiche di tipo violento, portandolo a vestire i panni del soldato alle prese con operazioni militari sanguinarie, quelli del gangster intento a sgominare un clan rivale, quelli del sopravvissuto che deve fronteggiare orde di zombi famelici decapitandoli.
Videogame violenti, maggiore tendenza all’aggressività
In merito ai videogame più violenti, è stato provato che questi ultimi tendono, soprattutto quando vi si dedica molto tempo, a far aumentare l’aggressività.
Lo hanno dimostrato, tra gli altri, alcuni ricercatori dell’Università di Indianapolis, i quali hanno monitorato l’attività cerebrale di un gruppo di soggetti che avevano giocato con videogame violenti per 10 ore nell’arco di una settimana. Ebbene, in questi soggetti, è stata registrata una riduzione dell’attività delle aree cerebrali che hanno il compito di tenere a bada i comportamenti aggressivi.
Altri studi hanno rilevato come la fruizione di videogiochi violenti possa provocare delle alterazioni biochimiche simili a quelle che vengono di solito riscontrate nei soldati impegnati in azioni di guerra, come un aumento del numero di neuroni predisposti ad affrontare le azioni di attacco e di fuga e un incremento della noradrenalina, neurotrasmettitore essenziale nella risposta generale allo stress in quanto aumenta l’attenzione nei confronti delle reazioni di attacco e di fuga.
Come a dire che alcune esperienze videoludiche, lungi dal rappresentare un momento di relax, portano il cervello del giocatore a interpretare l’ambiente rappresentato sullo schermo come un contesto interattivo credibile e realistico, favorendo un palese processo di immedesimazione con le situazioni di pericolo e con la necessità di combattere il nemico visualizzate sul monitor.
Infine, altre ricerche hanno dimostrato la presenza di correlazioni tra fruizione assidua di videogame e sviluppo di una forma di dipendenza dagli stessi, oltre all’insorgenza di disturbi del sonno, depressione, ansia, stress, difficoltà di concentrazione e di attenzione.
Per voti migliori, sì ai videogiochi giusti
Ma se l’indagine sposta il suo campo d’osservazione su videogiochi di altra natura, come quelli online, che di solito si basano sulla soluzione di enigmi, puzzle, problemi logici, ecco che la situazione si capovolge, e i videogame possono diventare, addirittura, uno strumento didattico assai utile per gli studenti.
Ne è convinto, tra gli altri, il professor Alberto Posso, docente presso la RMIT University di Melbourne, in Australia. Posso e i suoi collaboratori hanno analizzato i dati relativi al Programme for International Student Assessment, un’indagine promossa dalla OCSE allo scopo di valutare il livello di istruzione in diversi Paesi del Mondo. L’attenzione degli scienziati australiani è stata rivolta al rapporto tra rendimento scolastico e utilizzo dei videogiochi online da parte degli studenti.
Esaminando le informazioni relative a circa 12mila studenti quindicenni, gli autori dello studio hanno osservato come l’uso dei videogiochi online incrementasse il rendimento dei ragazzi in alcune materie. Prima di illustrare i risultati della ricerca, bisogna sottolineare che, a differenza di quanto prevede il nostro sistema scolastico, nelle scuole australiane i voti vengono assegnati in centesimi e non in decimi.
Secondo i ricercatori, chi giocava abitualmente coi videogame online otteneva una media di 15 punti più elevata in matematica e di 17 punti più alta in scienze rispetto agli studenti che non giocavano abitualmente online.
Il professor Posso sostiene che i videogiochi online siano in grado di stimolare gli studenti a migliorare le proprie abilità, visto che richiedono l’elaborazione di strategie per risolvere problemi e una regolare applicazione, proprio come avviene nel corso del processo di apprendimento scolastico.
Pertanto, lo studioso invita gli insegnanti a valutare l’idea di inserire i videogiochi all’interno delle proprie attività didattiche, naturalmente selezionando quelli in grado di stimolare le abilità cognitive degli studenti, ed escludendo quelli più violenti.
Social network, meglio non abusarne
Infine, gli autori dello studio hanno preso in esame un altro aspetto del tempo libero trascorso online dai ragazzi per verificare se vi fossero altri elementi capaci di influire sul loro rendimento scolastico. Nella fattispecie, gli studiosi hanno valutato l’utilizzo di Facebook e delle chat line da parte degli studenti.
A quanto pare, coloro che usano social network e chat ogni giorno tendono ad avere voti più bassi in matematica (20 punti in meno, per la precisione) rispetto agli studenti che non li usano così di frequente.
Ma, naturalmente, quest’ultimo aspetto della ricerca non va inquadrato come una relazione di causa-effetto tra uso dei social network e peggior rendimento scolastico. Al limite, si può ipotizzare che il tempo trascorso su Facebook sottragga energie allo studio, non certo che il social sottragga materia cerebrale agli studenti.
Sebbene sia innegabile che alcuni social network rappresentino una vetrina sempre più colma di banalità e volgarità, e che, come dichiarava il saggista americano Andrew Keen alcuni anni fa, questi ultimi ci inducano a “rivelare al mondo cosa facciamo, pensiamo e preferiamo in ogni momento“, e a “tirar fuori la nostra parte più infantile, facendoci dimenticare che spesso siamo più interessanti quando stiamo zitti“, tutto dipende dall’utilizzo che si fa di un determinato strumento, dal tempo che vi si dedica e dal tipo di attività che vi si compie.
di Giuseppe Iorio